I monti Pelati del Canavese: un quadro a cielo aperto
Come sempre accade, i luoghi più vicini a noi sono quelli meno visitati, serve Luigi che, dalla Brianza vada in Canavese e, ci porti a visitare una magnifica zona del nostro territorio a noi sconosciuta: i Monti Pelati.
Luigi pensa che il nome “Monti Pelati” non inviti alla visita, anche se ci assicura che ne vale la pena. Noi invece pensiamo che è proprio il curioso nome ad invitare alla visita. Appena sentito nominare in noi si è subito accesa una scintilla di curiosità e sono state tante le domande che ci siamo posti prima di leggere l’articolo che Luigi ha scritto per noi: “dove si trovano i Monti Pelati?”, “perché si chiamano così?” ma soprattutto “perché dovremmo andare a vederli?”
Se anche voi siete curiosi di conoscere i Monti Pelati vi lasciamo al racconto di Luigi che, accompagnato dalle sue splendide immagini fotografiche, ci porta alla scoperta di un luogo incredibile che sembra un quadro a cielo aperto.
Dove si trovano i Monti Pelati
La Riserva Naturale dei Monti Pelati si trova a nord di Torino, nei comuni di Castellamonte, Vidracco e Baldissero Canavese. Ci ero arrivato la prima volta per pura curiosità , Monti Pelati, che saran mai? Beh, erano proprio strani, così ci sono tornato per vedere i colori d’autunno, partenza da via Vespiola a Baldissero, fotocamera del cellulare settata su Colori intensi Leica e via per foto come quadri.
Sul sentiero 751 verso Bric Carleva
Sentiero 751, Bric Carleva h. 0,20, basta un tornante per respirare aria diversa, lungo il crinale una fila di alberi scheletrici, sui calanchi cespugli pungenti di ginepro, cespi di erba rigida sul terreno sabbioso da cui affiorano filoni bianchi di una roccia che si sgretola come palline di polistirolo, sono bastati cento metri e siamo nel mondo primitivo dei Monti Pelati. Poi arrivi in cima al dosso, ti giri e resti sorpreso per la bellezza dei colori, qui sopra tronchi bianchi di betulle spoglie e un prato giallo marezzato di erbe secche, là sotto i prati verdi del Canavese, più lontane le colline in austero abito grigioautunno.
I pratelli, dominati dalla Molinia coerulea, una delle poche specie vegetali che riescono a vivere su un terreno così arido e difficile, sono tagliati da sentierini su cui scorazzano i mountain bikers, chissà se tra un salto acrobatico e una discesa a capofitto riescono a godere delle foglie dorate delle betulle più resistenti al freddo di novembre, Però, uno si è fermato a fare foto…
Gli affioramenti bianchi sui Monti Pelati
Cosa sono gli affioramenti bianchi? Magnesite, dicono i cartelli esplicativi all’imbocco dei sentieri, quella polvere bianca miracolosa che i free climbers, appesi con una mano sola, pescano dal sacchetto appeso alla cintura, la stessa che lascia un bacio di cipria sul collo taurino di quegli omoni che sono i pesisti, e che ci fa qui? Presto detto, siamo sulla Linea Insubrica, la faglia che corre e divide in senso longitudinale tutte le Alpi, il punto di scontro tra la placca Africana e quella Euroasiatica e i Monti Pelati sono un pezzo del bordo profondo della placca Africana sbalzato in superficie, ecco perché ci sono queste rocce strane e rare quali la magnesite, bianca e friabile, e la peridotite, verdastra e durissima. Se non sono stato preciso e qualche geologo me lo farà notare, scusate, ho studiato su Wikipedia.
Intanto che sfogliavo il cellulare ho oltrepassato Baldissero Canavese, lì sotto che sembra a un passo, e sono arrivato al rudere di quella che era la Cappella campestre di S. Rocco e S. Grato di cui vi risparmio la storia passata di beghe parrocchiali e rivalità paesane come succede dappertutto in Italia.Â
Poco più avanti c’è il più bel affioramento di magnesite di tutto il sentiero, emerge dalle onde della terra come il dorso di Moby Dick, invece delle fiocine dei balenieri si usavano i picconi per estrarre il prezioso minerale, adesso l’attività è cessata grazie all’istituzione dell’area protetta e gli scavi vengono pian piano ricolonizzati da erbe e arbusti.
Ancora un ampio molinieto circondato da pini neri da cui si intravede sulla cima della collina, tra i pini e i larici dell’ennesimo rimboschimento, la Torre Cives.
Prima di salire deviazione a destra sulla carrareccia che porta alla cava, ebbene sì, c’è ancora una cava in attività , l’unica cava per la lavorazione della peridotite e la produzione di olivina in Italia dichiara orgogliosa la proprietà , sono attirato dai cumuli di vecchie scorie incise dall’acqua di ruscellamento, nonostante l’origine non certo naturale hanno una loro bellezza.
Un ultimo tratto di sentiero, il più scosceso di tutto il percorso, ed eccola la torre, costruita nel Medioevo sul punto più alto dei Monti Pelati, serviva da postazione di avvistamento e di protezione della retrostante Valchiusella. Gli invasori non salgono più dalla pianura ma il panorama è rimasto, da un lato le balze boscose della Serra d’Ivrea, dall’altro le montagne imbiancate dalla prima neve, alle spalle giù in basso, nella bruma autunnale, l’acqua scura del lago Gurzia.
Nordamerica o Piemonte?
Sulla via del ritorno lo sguardo si rilassa sui dossi di erba gialla, si sofferma sui pini verdi che li invadono, cerca le betulle bianche nel grigiore dei boschi, si blocca sull’acero rosso tra le querce smorte, si perde sulle colline che sbiadiscono in lontananza, sopra le nuvole le cime innevate. Sembra un panorama del Nordamerica invece siamo sui Monti Pelati, ve l’avevo detto che ne valeva la pena!
Avete capito quindi perché i Monti Pelati si chiamano proprio Pelati? Noi ringraziamo Luigi per averci fatto conoscere questa meraviglia della natura e vi ricordiamo che, se anche voi volete cimentarvi nella scrittura di un articolo, potete scrivere qualcosa per noi. Potete far conoscere, non solo a noi, ma anche a tutti i nostri e i vostri amici un luogo che vi è rimasto nel cuore, contattateci!
Saremo felici di ospitarvi su Travel With The Wind!!
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