Lakkundi e il suo pozzo a gradini
Continuiamo a viaggiare in India, questa volta Luigi ci porta alla ricerca del pozzo a gradini di Lakkundi, un pozzo indiano scoperto nel libro di un giapponese… Sono proprio queste le casualità della vita che ci piace raccontare (in questo caso leggere).
L’Heritage Center di Lakkundi
Niente male l’indiano del museo – commenta mia moglie, l’indiano è il giovanotto all’ingresso dell’Heritage Center di Lakkundi, un grosso villaggio perso nelle campagne del Karnataka, per le strade bufali neri che grufolano tra le immondizie, uomini baffuti in motocicletta, bambini che gridano e inseguono ridendo la nostra auto che si muove lenta nel labirinto di muri bianchi e porte azzurre.
Come ci siamo arrivati? Sul libro di un ostinato architetto giapponese che ha girato per vent’anni l’India fotografando i suoi templi, la nostra Bibbia indiana, ho visto la foto di un pozzo a gradini straordinario, è questo che vogliamo vedere, ho detto al nostro accompagnatore che ci stava portando a Hampi – sicuri? perché? a Lakkundi non ci va nessuno! come nessuno?
All’Heritage Center sono in quattro, un po’ emozionati nell’emettere il ticket per due turisti stranieri – ticket per i templi? perché, quanti sono? Una dozzina quelli visitabili, gli altri sono da restaurare o sono inglobati nelle abitazioni, volevamo vedere un pozzo e ci siamo ritrovati in un villaggio con più templi che case.
Brahma Jinalaya Temple
Il primo è proprio dietro l’Heritage Center nel mezzo di un bel prato all’inglese, sul cartello all’ingresso “Brahma Jinalaya Temple”, tempio jain costruito attorno al 1000 d.C. dai re Chalukya.
Mi allontano per avere una visione d’insieme e fotografo in sequenza una sala aperta a tetto spiovente sostenuta da colonne nere tornite e lavorate come solo in India sanno fare, mia moglie che come al solito è davanti a fare foto incurante del marito, poi il tempio vero e proprio che culmina nella cella della divinità sormontata da una piramide a gradini tipica dei templi del sud – guarda c’è una statua senza testa – forse è nel mucchio di pezzi avanzati in questo angolo del prato, non servono un paio di piedi?
All’interno c’è una famosa statua di Brahma dai quattro volti, una dea Saraswati piena di fiori e una statua nera e lucida di un maestro jain.
La custode del tempio
Splendida giornata, cielo azzurro e nuvole bianche, donne dai sari vivaci tornano dal lago lì di fianco portando in testa catini di plastica coi panni lavati, sul prato verde ben curato il Kashivishvanatha di pietra scura fa un figurone.
A completare il quadro il sari azzurro di una vecchietta che si materializza dal nulla, è la custode del tempio, e che custode, non facciamo in tempo a guardarci attorno che comincia a spiegarci tutto, ma proprio tutto, in un inglese sicuramente meglio del nostro ma che dà per scontato che noi si conoscano gli episodi del Mahabaratha e del Ramayana scolpiti sui muri esterni, che sappiamo distinguere le facce dei mostri in cima alle colonne, i kirtimukha, dagli altri strani animali dei cornicioni, quelli sono i makara, vigliaccamente mi allontano con la scusa di fare foto e lascio la moglie in balia della vecchietta – cosa ti ha detto? tante cose.
Una cosa è certa, le sculture che avvolgono come nastri traforati tutto il tempio sono ancora ben conservate nonostante gli anni e gli stipiti delle porte sono una trina delicata di figurine umane, uccelli, fiori, piante rampicanti, i sorrisi di ringraziamento e la mancia sono più che dovuti.
Continua la ricerca del pozzo di Lakkundi
E il nostro pozzo? Dall’altra parte del villaggio dicono al nostro autista – ferma per favore! – nel centro del villaggio c’è un carro di legno alto una decina di metri, ruote piene, fusto addobbato con corone di fiori e rami di palma, in cima decine di bandiere a formare una palla coloratissima, più avanti una ruota panoramica, si fa per dire, di quattro cestelli, un bimbo per cestello, e un barbuto signore dai capelli verdi che la fa girare a mano, poi una dozzina di uomini seduti sull’alto basamento di un tempio senza nome che smettono di chiacchierare per una foto di gruppo, e, sorpresa finale, la banda, a guidare il gruppo un’Ape Piaggio con megafono, poi una ventina di uomini e ragazzi bustina bianca alla Gandhi in testa, tamburi, nacchere, piattini, una specie di sitar, un harmonium a spalla – aspetta che scendo a fare foto – si mettono tutti in posa e cominciano a suonare per noi, uno spettacolo! Che festa è? Non capisco la risposta, una delle tante.
Il pozzo di Lakkundi
Il Manikesvara rispetto ai primi due templi non è niente di che, e poi non ci interessa, è il suo pozzo che vogliamo vedere. Ed eccolo, affacciati sulla ringhiera di protezione, geometria della bellezza, gradinate bianche nella luce accecante scendono vertiginose verso il fondo asciutto, piccole edicole rompono le righe ipnotiche, su un lato c’è la scalinata di accesso al fondo coperta da un passaggio sorretto da colonne – io scendo a far foto – l’ombra è rilassante, chiudo gli occhi e vedo l’acqua verde, i tuffi dei bambini, i sari gialli e rossi delle donne, le chiacchiere e le risa, le brocche luccicanti, l’India dei sogni.
Perché il fondo del pozzo è asciutto? La risposta nel video che trovate qui sotto:
Curiosi di sapere come continua l’avventura di Luigi e la moglie in India? Tornate a trovarci!
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Leggere i tuoi articoli sull’India è stato come tornare indietro nel tempo; sono stata in questa splendida terra 2 anni fa, è stato il nostro ultimo viaggio prima che scoppiasse la pandemia. Mi piacerebbe molto tornarci, ma penso di aspettare tempi migliori!
Anche io leggo, e pubblico, sempre molto volentieri gli articoli di Luigi sull’India soprattutto perché non ci sono mai stata e mi piacerebbe tanto andarci. Speriamo presto!