La bizzarra storia di un souvenir insolito: lo stoccafisso delle Lofoten
Chissà quante volte vi è capitato, prima di partire per un viaggio, che i vostri amici vi tempestino con richieste tipo “Portami una maglietta!” o “Portami una calamita!”.
Ma vi è mai successo che qualcuno vi chiedesse di portargli un pesce? E’ quello che è capitato a noi e questa è la bizzarra storia di un souvenir insolito: uno stoccafisso delle Lofoten.
Il viaggio dello stoccafisso
storia semiseria scritta in collaborazione con l’AI Claude 3
Quando Gabri mi disse che il suo collega voleva uno stoccafisso delle Lofoten, il mio sguardo avrebbe potuto infilzare il suo collega meglio di uno spiedo.
Ma con quella sua faccia da cucciolo supplicante (quella del gatto con gli stivali, la conoscete?), riuscì come al solito a farmi cedere. “Va bene, ma te ne occuperai tu, io non ne voglio sapere niente!”
Alle Lofoten iniziò il suo insano pellegrinaggio alla ricerca del “Santo” Stoccafisso. Io lo seguivo a ruota imprecando contro quel maledetto stoccafisso che rischiava di rovinare le nostre vacanze.
Trovare l’agognato pesce essiccato alle Lofoten si rivelò un’impresa più ardua del previsto. Di pesci essiccati ce n’erano a centinaia appesi nel porto, ma sembrava impossibile scovare qualcuno disposto a vendercene uno. Finché, grazie a una soffiata di un norvegese, riuscimmo a scovare un magazzino del porto che commerciava quei prodotti. Fu in quel fatidico momento che Gabri, trionfante, tornò alla macchina, dove lo stavo aspettando, con un maestoso stoccafisso lungo un metro tra le mani! Lo fissai con una smorfia, l’odore del pesce già mi dava il capogiro.
A quel punto realizzai che non solo quel pesce sarebbe dovuto finire nelle nostre valigie, e ce l’avrei dovuto mettere io, ma dovevamo addirittura riportarlo a casa!
Ci ritrovammo ad affrontare la saga del “Come Impacchettare un Pesce Essiccato per Riportarlo a Casa”. Tra suggerimenti assurdi e tentativi grotteschi di arrotolarlo come un tappeto persiano, alla fine riuscimmo a impacchettarlo alla bell’e meglio in un involucro di fortuna. Lo ficcammo poi in valigia insieme ai vestiti sporchi, con la speranza che almeno l’odore si mischiasse a quello del bucato da lavare.
Arrivati a casa, svuotai la valigia di corsa e lavai tutta la biancheria. A Gabri toccò invece risolvere il problema della consegna dello stoccafisso al collega vicentino.
Dovendo partire per il Piemonte per il periodo pasquale nel quale Gabri avrebbe lavorato in smart-working, i due colleghi non si sarebbero riusciti ad incontrare così il collega suggerì a Gabri di lasciarlo nel suo armadietto in ufficio per una settimana. “Lì non darà fastidio a nessuno fino al mio arrivo!” gli disse beato.
Già mi immaginavo le conseguenze di quella idea “geniale”.
Ovviamente tre giorni dopo c’era un odore terribile nell’ufficio di Gabri! Dopo indagini estenuanti, scoprirono il “colpevole” – lo stoccafisso stava marcendo allegramente nell’armadietto!
Gabri quasi si strozzò in videochiamata quando confessò di averlo messo lui lì. I colleghi presero la cosa con filosofia dopo lo shock iniziale, anche se dovettero aprire le finestre per un po’ prima di liberarsi della puzza di pesce marcio.
E questa è la triste storia dello stoccafisso che delle Lofoten finì, ahimè, la sua avventura in un umile cestino di un ufficio di Bolzano.
Morale: se vi chiedono un souvenir, portategli una semplice calamita. Gli amici sono sacri, ma gli stoccafissi no!
L’antico legame tra le Lofoten e il Baccalà alla Vicentina
Il collega di Gabri aveva richiesto uno stoccafisso proveniente direttamente dalle Isole Lofoten per preparare l’autentica ricetta vicentina del Baccalà alla Vicentina. Non a caso tutto il baccalà che giunge in Italia ha origine proprio da quell’arcipelago norvegese.
La produzione dello stoccafisso inizia con la pesca del merluzzo atlantico, noto localmente con il nome di “skrei”, nelle gelide acque che circondano le Lofoten, un’area rinomata per l’abbondanza di questa specie ittica. Una volta catturato, il merluzzo viene eviscerato e fatto essiccare all’aria aperta su grandi telai di legno, sfruttando il clima freddo e secco tipico delle isole, senza l’aggiunta di sale. È proprio questa essiccazione naturale a distinguere lo stoccafisso dal baccalà, che invece viene conservato sotto sale.
La tradizione della commercializzazione dello stoccafisso dalle Lofoten verso l’Italia affonda le sue radici nel Medioevo, quando furono i mercanti veneziani a stabilire le prime rotte per l’importazione del merluzzo, all’epoca chiamato “bacalao”, rendendolo un ingrediente molto apprezzato specialmente nei periodi di digiuno prescritti dalla Chiesa cattolica.
A Vicenza, lo stoccafisso raggiunge la sua massima espressione culinaria nella ricetta tradizionale del Baccalà alla Vicentina, in cui il pesce essiccato viene ammollato e cotto lentamente con cipolle, latte e abbondante olio d’oliva, spesso accompagnato da polenta, una vera delizia che rappresenta l’anima della cucina locale. Era questa prelibatezza che il collega vicentino di Gabri desiderava preparare con un autentico stoccafisso delle Lofoten.
Esperienza a dir poco singolare, vero? Se anche voi avete dovuto affrontare richieste bizzarre di souvenir da amici o parenti durante un viaggio, o addirittura avete vissuto situazioni simili a quella dello sventurato stoccafisso, non esitate a raccontarcele nei commenti!
E per continuare a immergervi nelle meraviglie naturali e culturali della Norvegia, vi invitiamo a leggere anche gli altri nostri articoli sulle Isole Lofoten e sulla zona di Tromso e Senja.
Che la prossima richiesta di souvenir sia più gestibile di uno stoccafisso, ce lo auguriamo di cuore!
Bello! L’odore me lo ricordo!
come dimenticarlo!