La Bessa biellese e il museo dell’oro
Luigi ci porta sempre alla scoperta di luoghi affascinanti e spesso poco conosciuti, questa volta ci porta nel biellese e più precisamente nella riserva naturale della Bessa dove, ai tempi degli antichi romani, si trovava uno dei giacimenti di oro più importanti dell’impero.
La Bessa e il museo dell’oro di Vermogno, a circa un’ora da Torino, sono la nostra meta virtuale di oggi. Ecco cosa ci racconta Luigi.
La storia della Bessa
E’ tutto un brulicare di persone, un formicaio umano che produce un rumore fastidioso e continuo, tac, tlac, toc, sono i grossi sassi che vengono ammucchiati con fatica a formare cumuli sempre più alti. Uomini a torso nudo stanno picconando il terreno liberato dai sassi, altri, a decine, portano i pesanti secchi pieni di sabbia giù in basso alle canalette dove l’acqua corre veloce. I guardiani controllano gli addetti che lavano il ghiaietto depositatosi nelle buche sotto le cascatelle artificiali, un lavoro incessante e febbrile, il Procurator metallorum ha fretta.
Roma ha bisogno dell’oro della Bessa.
I Victimuli, appartenenti ai Salassi, il popolo di origine celtica che abitava il Canavese e la Valle d’Aosta, vengono sconfitti dal console Appio Claudio nel 140 a. C. e obbligati, volenti o nolenti, ad estrarre l’oro dalla vasta area della Bessa e dal torrente Elvo che la lambisce, d’altra parte sono stati loro a scoprire il giacimento.
Per trovare il prezioso metallo bisogna innanzitutto liberare il terreno dai ciottoli grossi e pesanti che coprono le sabbie aurifere, migliaia di braccia al lavoro, cinquemila dice Plinio citando una legge ad hoc, milioni di sassi sollevati a mano e ammonticchiati ai lati dell’area di ricerca in collinette sempre più alte, un lavoro pesante che va avanti ininterrottamente per quasi un secolo fino all’esaurimento del sito.
A lavoro finito l’area doveva essere desolata e distrutta come quelle che si vedono nelle foto dei cercatori abusivi d’oro dell’Amazzonia.
Quanto oro è stato estratto? Tanto di sicuro, quanto non si sa, si ipotizzano comunque tonnellate, la Bessa è stato il più importante giacimento aurifero di Roma nel periodo repubblicano, sarebbero miliardi di euro al giorno d’oggi.
Sparito l’oro sono rimasti solo i sassi, muti testimoni delle vicende di duemila anni fa.
La Bessa oggi
Mi aveva incuriosito una foto vista su un libretto di informazioni turistiche, una collinetta di sassi ovali contro un cielo azzurro e un nome “Riserva Naturale della Bessa”, appena sotto Biella, al bordo della Serra d’Ivrea, e alla prima occasione eccomi qui all’imbocco del sentiero Riva del Ger, uno dei tanti che la attraversano.
Basta camminare per un centinaio di metri lungo il sentiero e ti trovi circondato da cumuli di sassi che sembrano appena scaricati da un camion per lavori stradali. Collinette alte fino a una decina di metri di amorfe pietre grigie, più avanti dossi e vallecole ondulate come piste sassose da motocross, un paesaggio lunare di alcuni chilometri quadrati.
I sassi, per la maggior parte superiori a 15-20 centimetri di diametro, sono tutti lisci e più o meno ovali, opera di torrenti impetuosi oggi ridottisi all’Elvo che scorre giù in basso.
Nulla cresce sui dossi pelati tranne una incosciente betulla che sfida l’aridità estiva e il gelo dell’inverno. Non c’è terriccio tra i sassi accatastati, solo le macchie dei licheni disegnano un piccolo mondo in bianco e nero.
Più in basso, dove risale un minimo di umidità, muschi soffici come una moquette d’ufficio e felci dalle fronde frattali.
Nel terriccio che nei secoli si è formato alla base degli accumuli in primavera fioriscono le ginestre gialle.
A fine estate è il tempo delle eriche dai fiorellini rosa delicato, rovi, sanguinelle ed evonimi crescono rigogliosi e ostacolano il passaggio mentre querce carpini noccioli e betulle formano un bosco sottile come un nastro che serpeggia tra cumuli e vallette, rughe verdi sulla pelle coriacea di un animale primitivo, un paesaggio bizzarro e singolare formato dall’avidità dell’uomo e dalla pazienza della natura.
La Bessa, un’altra storia
Quella della ricca miniera d’oro a cielo aperto, della cupidigia dei Romani e delle colline di sassi spostati a mano è quanto racconta la storia più o meno indagata e accettata da tutti.
Per la verità, quasi tutti, perché c’è chi la racconta in maniera diversa.
Gli ammassi di pietre, secondo la teoria alternativa, sono del tutto naturali, opera di un ghiacciaio antico.
I massi strappati dal fondo delle valli dal peso del ghiacciaio, trasportati da un turbinoso torrente subglaciale, arrotondati dagli urti uno contro l’altro e levigati dalle sabbie sottili, sono stati alla fine deposti alla bocca del ghiacciaio stesso il quale avanzando e retrocedendo negli infiniti cicli dei millenni li ha ammucchiati come una gigantesca ruspa nei cumuli che oggi vediamo. L’avevo detto io che sembravano camionate di pietre per lavori stradali…
I Romani, che erano magari duri ma non stupidi, hanno cercato l’oro solo nelle sabbie che i torrenti nel tempo hanno dilavato verso l’attuale Elvo. Spostare le pietre non aveva senso economicamente.
L’oro? Certo che ne hanno trovato tanto ma non nella quantità che la versione storica suppone. In compenso hanno prelevato i sassi di quarzo purissimo che stavano in superficie per l’industria del vetro e recuperato i minerali ferrosi che si trovavano assieme all’oro.
Qualche altro intervento l’hanno poi fatto nei secoli pastori e contadini per aprire piccoli pascoli o coltivazioni mentre i sassi più piccoli sono stati in parte asportati per fare la pavimentazione in acciottolato dei paesi lì intorno ma, alla fine, le montagnette lunari di pietre che noi oggi vediamo sono sostanzialmente naturali e solo in minima parte rimaneggiate.
Quale delle due versioni è più verosimile? Personalmente mi riesce difficile vedere migliaia di uomini portare milioni di sassi in cima alle collinette, una immane fatica di Sisifo, ma noi umani siamo strani…
Il museo dell’oro di Vermogno
Il Museo dell’Oro e della Bessa si trova a Vermogno, una frazione di Zubiena, uno dei comuni a cui appartiene la Bessa e per questo definito un po’ pomposamente il Klondike d’Italia, in una casetta a due piani di fronte alla chiesetta parrocchiale di S. Carlo.
Per arrivarci c’è una stradina stretta lastricata coi ciottoli della Bessa, balconi di legno lunghi tutta la facciata, cataste di legna in ordine geometrico, ortensie azzurre di fianco agli ingressi, pannocchie gialle appese sulle porte, un po’ turistico ma carino.
Il museo è ricco di materiale didattico con pannelli anche in inglese che raccontano la storia della ricerca dell’oro in Italia.
Si va dagli scritti di Strabone e Plinio al Sacramentum Auri Levatorum, il giuramento, in sostanza, di non rubare che dovevano fare i cercatori d’oro nel Medioevo, dai privilegi concessi dal Barbarossa agli editti dei Savoia, dalle foto delle miniere ottocentesche ai Campionati Mondiali dei Cercatori d’Oro organizzati nel 2001 e nel 2013.
Per quanto riguarda la Bessa viene proposta la versione originale, sicuramente più accattivante di quella alternativa.
Ovviamente ci sono gli attrezzi del mestiere, zappe, picconi, setacci, bellissime le batee, i piatti usati per separare l’oro dal sedimento, quelle di tutte le foto del cercatore d’oro, e poi modellini molto artigianali ma esplicativi delle varie tecniche di ricerca praticate sui fiumi italiani.
A proposito di fiumi, quelli famosi per la ricerca dell’oro sono Ticino, Dora Baltea, Sesia, Elvo, Orco (Eva d’Or, Acqua d’Oro in piemontese) ma poi ho trovato al museo le capsule contenenti pagliuzze d’oro pescate anche in altri fiumi dell’Italia settentrionale: Adda, Serio, Lambro… Lambro? Quanto costa una batea? Domani vado a cercare oro sul Lambro!
Saluti e ringraziamenti
Se vai a cercare oro nel Lambro, Luigi vogliamo sapere com’è andata! Vero, amici?
Noi ringraziamo Luigi per averci fatto conoscere la Bessa, ovvero il Klondike d’Italia che a noi piace tanto perché ci ricorda Zio Paperone, e vi ricordiamo che, se volete scrivere un articolo per i nostri e i vostri amici potete contattarci, saremo felici di ospitarvi.
Tutti gli articoli che Luigi ha scritto per noi li trovate sulla sua pagina dedicata qui su Travel With The Wind!! Altri articoli li trovate su Non Solo Turisti e su Gli scrittori della porta accanto.
Non conoscevo affatto questo luogo ma mentre leggevo tornavo con la mente a tutti i film western e ai cercatori d’oro . Davvero pazzesco, questa si che è una vera chicca!
Una storia davvero affascinante quella del Museo dell’Oro e della “Riserva Naturale della Bessa”,che non conoscevo affatto! Anche a me tornano in mente le storie dei cercatori d’Oro negli Stati Uniti.
Non ne avevo mai sentito parlare. Il tuo intuito e curiosità ti hanno portato a conoscere un luogo bellissimo e soprattutto una storia molto interessante.
Non conoscevo questo luogo eppure mi ha fatto ricordare Zio Paperone! Chissà magari si sarebbe fiondato subito per raccogliere tutto quanto! 🤣
Non avevo mai sentito parlare di questa zona e mi sembra davvero interessante. Penso proprio che organizzerò una gita da queste parti perchè mi ha molto incuriosito.