Bijapur e la più grande cupola in India, Gol Gumbaz
L’avventura di Luigi (e la moglie) in India continua. Li avevamo lasciati a Badami, una valle, quella del Malaprabha, ricca di templi antichi, grotte e sorgenti sacre. Oggi Luigi ci porta alla scoperta della città di Bijapur, famosa soprattutto per il Gol Gumbaz, il mausoleo con la cupola più grande di tutta l’India nonché luogo di sepoltura del sovrano Muhammad Adil Shan.
Festa di Ganesh Chaturthi
Nei villaggi le statue grandi di Ganesh le portano sugli autocarri, i Ganesh più piccoli sui pulmini, sui trattori i Ganesh rosa, attorno balli sguaiati e nuvole di polveri colorate, in città invece ogni Ganesh ha la sua tenda, una ogni tre strade, e una festa rumorosa ogni sera, Bijapur non fa eccezione: è la festa di Ganesh Chaturthi!
Occhiata di sole, fuori a fare un giro nell’attesa del tour con guida nel pomeriggio.
Tempo tre minuti lungo una strada secondaria, maialini neri che grufolano sul ciglio della strada e rangoli colorati davanti alle porte, e subito si forma un codazzo di bambini, prima timidi e silenziosi poi sempre più audaci e chiassosi, ci salva dall’assalto finale un signore in dothi bianco e camicia gialla che grida severo e poi ci invita in un cortile tutto parato a festa, tendone blu, sedie di plastica bianca, sul palco una statua di Ganesh tra foglie di banano e offerte di frutta, tre bramini seduti a gambe incrociate stile yoga, io non ci sono mai riuscito, ci osservano curiosi – da dove venite? – dall’Italia – ah Itàli, Sonia Gandhi – sempre così, mai nessuno che dica Itàli Roma o Milano ma per lo meno non dicono Itàli mafia e pizza.
Vi fermate con noi a pranzo? – abbiamo un appuntamento con la guida, ci scusiamo – almeno un caffè? – sì, grazie, gentilissimi.
Gol Gumbaz
Muhammad, la nostra guida, è un giovane smilzo e dallo sguardo serio male in arnese con barbetta caprina, un po’ pedante come tutti quelli che vogliono dire tutto a partire dalla data di costruzione del Gol Gumbaz, poi il nome del sultano che l’ha fatto costruire, dentro c’è la sua tomba, sì ci sono anche le sue mogli, anche il figlio, e poi i metri cubi, quanto è alto largo bello – bello? sicuramente imponente con quella facciata gialla, il grande arco scuro all’ingresso, le quattro torri agli angoli e quel cupolone in cima – un giorno voglio andare a Roma a vedere San Pietro – perché? – per vedere se è vero che la cupola è più grande di questa – gli sembra impossibile.
Non sto tanto bene – geme mia moglie – colpa dei sette piani di scale ma dal camminamento che circonda la cupola si vede tutta Bijapur annebbiata dagli scrosci d’acqua, i turisti indiani più numerosi del solito danno un tocco di colore alla pietra scura e dentro? Dentro è un putiferio assordante, urla e fischi che rimbombano all’infinito, i ragazzi si divertono un mondo, è proprio vero che l’eco rimbalza nella cupola per almeno undici volte – loro si divertono così – commenta sconsolato Muhammad, loro sono gli hindu ovviamente – per i musulmani dovrebbe essere un luogo di silenzio e meditazione.
La moschea Jami Masjid e l’Hibrahim Rauza
La moschea Jami Masjid invece è proprio così, un luogo di silenzio e meditazione.
Nel cortile una vasca anonima per le abluzioni, due portici spaziosi ai lati, una grande sala colonnata aperta sul cortile, due sedie di plastica rossa e una lavagna nera con gli orari della preghiera. Tutto il resto è bianco, pavimento muri colonne soffitto e gli uomini che pregano con la testa chinata o parlano sottovoce seduti per terra, sguardi attenti e severi, l’unica che sorride è mia moglie, per la prima volta lei si può avvicinare al mihrab, eleganti arabeschi dorati su fondo nero, e io no anche se Muhammad intercede, i pantaloni sono troppo corti e non coprono il ginocchio.
Il colpo d’occhio è notevole, un grande prato all’inglese, un viale di pietra rossa accompagnato da cespugli scuri, il tocco di colore dei salvar kamiz di quattro ragazze, in fondo uno skyline di minareti sottili e cupole a cipolla, è l’Hibrahim Rauza. A sinistra il mausoleo del sultano, no, non è lo stesso del Gol Gumbaz, è Ibrahim Adil Shah II, sì ci sono anche le tombe di madre, moglie e due figli – spiega Muhammad e lo perdiamo nella genealogia dei sultani di Bijapur, a destra invece è la moschea, in mezzo la vasca per le abluzioni.
Scenografia triste, pietra scura, il cielo plumbeo non aiuta, muri scrostati, una volta era tutto stuccato di bianco, due pappagalli verdi sul cornicione, porte arabescate, interno buio, tombe di pietra grigia, l’arco di una finestra inquadra per un attimo una ragazza col niqab, velo rosso e mascherina nera, la figlia del sultano? Qual era la moschea? – chiede mia moglie dopo aver finito di posare come al solito per una foto di famiglia scura con bionda esotica (mia moglie, tinta) – quella dove Muhammad voleva a tutti i costi insegnarmi a leggere il nome di Allah in caratteri arabi.
Le mura del forte e il Malik-e-Maidan
Ci restano da vedere le mura del forte, semi diroccate e aggredite dalla vegetazione, con il Malik-e-Maidan, un enorme cannone meraviglia di grandi e piccini riuniti sulla terrazza a commentarlo, e il Bara Kaman – è il mausoleo mai terminato di…- basta Muhammad, troppi Adil e troppi Sha, pilastri neri ed archi acuti contro un cielo sempre più scuro, atmosfera da rovine gotiche.
Nel giardino dietro il mausoleo hanno steso un grande telo giallo, uomini in dothi bianchi e donne in sari colorati chiacchierano e mangiano incuranti del monsone che sta arrivando – probabilmente stanno festeggiando un loro matrimonio – commenta Muhammad scuotendo la testa mentre ce ne andiamo.
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Ho assistito ad una festa in onore di Ganesh a Mauritius e devo dire che è veramente coinvolgente. Mi piacerebbe andare in India per scoprire e vivere questi luoghi
Anche a me piacerebbe tanto andarci prima o poi, e con la festa in onore di Ganesh deve essere ancora più bello visitare l’India.
L’india è un paese che mi affascina molto e il raconto mi ha estasiato. Continuerò a seguire il viaggio di Luigi in India, mi piace proprio.